LXIV - ATTENERSI AL PICCOLO Quello che è fermo con facilità si trattiene, quello che non è cominciato con facilità si divisa1, quello che è fragile con facilità si spezza, quello che è minuto con facilità si disperde: opera quando ancora non è in essere, ordina quando ancora non è in disordine. Un albero che a braccia aperte si misura nasce da un minuscolo arboscello, una torre di nove piani comincia con un cumulo di terra, un viaggio di mille li principia da sotto il piede. Chi governa corrompe, chi dirige svia. Per questo il santo non governa e perciò non corrompe, non dirige e perciò non svia. La gente nel condurre le proprie imprese sul punto di compierle sempre le guasta, se curasse la fine come il principio allora non vi sarebbero imprese guaste. Per questo il santo brama quello che non è bramato e non pregia i beni che con difficoltà si ottengono, studia quello che non viene studiato e ritorna su quello che gli altri han travalicato. Per favorire la spontaneità delle creature non osa agire.
1 divisare=immaginare
Il nocciolo dell’insegnamento di questo capitolo è nella prima riga
Quello che è fermo con facilità si trattiene,
ovvero ciò che sta in equilibrio mantiene la sua posizione. L’equilibrio, se ci si sposta più da un lato o dall’altro, se si porta più peso in avanti o dietro ecco che la posizione di equilibrio è persa. Non dobbiamo mai dimenticare il principio di polarità, una cosa chiama il suo contrario. Ma se riusciamo a trovare il nostro centro, il nostro equilibrio ecco che la vita si fa facile.
Diventa facile immaginare quello che stiamo per intraprendere, è facile rompere ciò che è fragile o perdere ciò che è piccolo. Che cosa significa? Che non dobbiamo spostarci verso l’ansia, pensare a sventure o disgrazie che ci possono capitare, non sono reali, sono situazioni inconsistenti, fragili, li possiamo distruggere facilmente. Non dobbiamo sostare in avanti: perdiamo l’equilibrio. Quando sentiamo crescere in noi un desiderio di possesso, se lo affrontiamo nella fase in cui è ancora piccolo, lo possiamo buttare facilmente, se aspettiamo che diventi una montagna, cadiamo in sofferenza. Per questo Lao Tzu ci dà questo monito:
opera quando ancora non è in essere,
ordina quando ancora non è in disordine.
Ci dobbiamo liberare delle cose dannose quando sono ancora allo stato embrionale, quando sono piccole, bisogna fare chiarezza in noi, mantenere un ordine, subito, non rimandare, basta poco per cadere nel disordine.
Tutto ciò che è grande è iniziato che era piccolo: l’imponente albero era arboscello; la grande torre era un cumulo di terra; il lungo viaggio è iniziato con un primo passo.
Se chi governa non lo fa alla luce della spontaneità, ma ha altri fini, allora non governerà ma prevaricherà, amministrerà la giustizia dimenticando la carità. Non diffonderà il bene, ma afflizioni.
Per questo il saggio (il santo) se governa o dirige, lo fa secondo il Tao, non agendo.
Ci ammonisce, quando intraprendiamo le nostre imprese, va a finire che le roviniamo, deviamo dall’idea iniziale, ci facciamo fagocitare da impulsi e desideri; per non far accadere questo dobbiamo mantenere il vuoto che ci ha guidato all’inizio, non dobbiamo farci ingannare dalla competizione o dai desideri, non dobbiamo perdere l’equilibrio iniziale.
Il santo desidera quello che gli uomini non desiderano; non cerca di emergere, di essere ammirato, adorato, non cerca lo splendore, anzi nasconde la sua luce; gli uomini cercano i fronzoli della vita, la vanità, il santo vuole solo restare nella sua spontaneità; gli uomini vogliono sedurre, il santo coltiva le virtù.
Il santo studia ciò che gli uomini non studiano. Gli uomini architettano il modo per elevarsi socialmente, arricchirsi, trovare la via breve al conseguimento dei loro scopi, il santo coltiva la spontaneità, non vuole attaccamenti, cerca l’equilibrio. Gli uomini cercano il comando sugli altri, il santo cerca il comando su di sé. Insegna a coltivare la radice e non a osservare il frutto, riporta alla spontaneità, alla naturalezza. Educa a non allontanarsi dal Tao.