LXXI - IL DIFETTO DELLA SAPIENZA Somma cosa è l'ignoranza del sapiente, insania è la sapienza dell'ignorante. Solo chi si affligge di questa insania non è insano. Il santo non è insano perché si affligge di questa insania. Per questo non è insano.
Siamo davanti al paradosso socratico: So di non sapere.
Chi conosce il Tao ammette di non sapere e si approccia al Tao con vuoto, nella condizione di allievo perenne che ascolta un maestro di cui non conosce forma e limite.
Viceversa c’è chi ha sfiorato il Tao e con spocchiosa baldanza te lo viene a insegnare, perché è convinto di avere capito tutto: questa persona è ignorante.
Questa ignoranza alla persona che si mantiene nel Tao è fonte di afflizione, perché nota una cosa che sta alla base del Tao stesso, il non agire, disatteso dagli ignoranti. Si sforzano a comprendere il Tao, cercano si costringere concetti e contenuti in un lessico, ma questo non è fattibile, il Tao travalica, il Tao non lo si può limitare. Costringere il Tao in una grammatica, significa non averne colto la grandezza, significa non aver compreso che il Tao è un’esperienza, una pratica continua che si rivela rimanendoci dentro. Osservandolo dall’esterno non si capirà niente, perché dall’esterno vedremo solo una nebbia, il Tao si fa in noi, germoglia in noi.
Se quest’ignoranza non provocasse dolore al santo, non sarebbe santo.