Vuoto. Un doloroso vuoto. E niente che ti consenta di evitarlo, niente con cui riempirlo; un vuoto pieno di dolore non ha alternative, lo devi vivere, ti impone di viverlo. Il mondo inizia nel profondo dei sentimenti e termina nella pelle, non c’è niente oltre, niente esiste, se non quello che è in te: il dolore.
Me ne sto così, imbambolato, serrato nel non senso della vita. Eppure ne ho avuto di tempo per prepararmi a questo momento, lo sapevo, sarebbe accaduto, è accaduto. Lei si è sposata, li ho visti dal fondo della chiesa dirsi un eterno Sì. Speravo che qualcosa accadesse, doveva accadere, non poteva finire così. Invece non c’è stata alcuna titubanza nella sua voce, non un velo di incertezza nel suo viso radioso: Dio mio quant’è bella!
Quell’espressione quella gioia la doveva esprimere per me, dovevo essere io a tenerle le mani davanti all’altare. Non c’è stato verso. Ho lottato per convincerla, per mostrarle che le qualità che cercava io le avevo tutte. Che l’intesa non poteva esaurirsi nell’amicizia, ci attendeva un futuro di mutuo sostegno, assimilare il senso della vita dall’altro e ritornarglielo decuplicato, complici del non detto, quelli che l’intesa che li lega la respira anche chi sta loro intorno e li invidia.
Ho confidato negli astri, nella lettura delle carte, nella benevolenza di un dio affinché il suo affetto nei miei confronti si tramutasse in amore, non è stato così. Le fotografie la ricorderanno in questo giorno abbracciata a un altro. A me non rimane che questo dolore e questo pianto che fatico a trattenere.
«Problemi di cuore?»
Alzo gli occhi verso la voce, è di uno sconosciuto, avrà il doppio dei miei anni, la testa candida lo testimonia.
«Come scusi?», chiedo.
«Se ne sta seduto in quella posizione raggomitolata, il caffè che ha ordinato deve essere freddo ormai. Ha il volto triste, anzi, affranto, sconfitto. Le si legge una voglia di pianto, credo stia trattenendo il pianto di un amore non corrisposto.»
Il respiro mi diventa affannoso, vorrei mandarlo a quel paese: ma di che si impiccia? Ma il male che sento è incontenibile, trasborda, non ce la faccio, devo parlare, la parola però non arriva allora dico sì con la testa e guardo a terra, provo vergogna a soffrire d’amore.
«Non si senta in imbarazzo», continua il vecchio, «Ci si deve vergognare a odiare non ad amare.»
Non vorrei farlo, invece comincio a raccontargli tutto, dal giorno che ci siamo conosciuti, ero entrato nella sua compagnia e subito rimasi travolto non solo dalla sua bellezza, ma da quello che emanava che era… non so come spiegarlo…
«Scoprire che senza parlarle, aveva percepito che era la persona giusta con cui condividere emozioni, sentimenti, passioni, idee, speranze: il futuro. Un futuro che desiderava cominciasse in quel momento, senza perdere tempo.»
«Esatto!», lo guardo sorpreso, lo fisso negli occhi, voglio capire come ha fatto ad andare a colpo sicuro, mi sembra che lui abbia accettato la richiesta e si lascia studiare.
Dopo un po’ mi chiede cortese: «Le va di continuare il racconto?», ha sempre il sorriso, non è un bell’uomo, ma sta emanando empatia… che sia un angelo? Che sia qui per riportare ordine nella mia vita? Che sia qui per cancellare il matrimonio, portare indietro l’orologio a prima del Sì, così lei mi vedrà nel fondo della chiesa e urlerà: “Io amo lui!” e mi correrà incontro felice? Ma che stupidaggini vado a pensare! Però… perché no? Così continuo:
«Quell’intesa, quell’empatia, l’ho percepita subito. È sempre stata raggiante, sorridente, passavamo allegramente il tempo assieme a ridere, a raccontarci le speranze, le preoccupazioni, i problemi…»
«Era convinto che fosse la donna della sua vita!»
Oh, come mi capisce, mi sta leggendo dentro: che sia davvero un angelo? Che mi stia interrogando per capire se il mio cuore è realmente tutto per lei? Mi sale un po’ la speranza, parlare mi fa bene da una parte, ma dall’altra sento il cuore che si frantuma ulteriormente, ogni tanto devo asciugarmi una lacrima, fermarmi e riprendere fiato.
«Sì, caro signore», continuo a raccontare, «lei è la donna della mia vita, l’altra metà della mela, so che è così, anche se ora si sta fotografando mentre bacia quell’altro. Con me non ha mai litigato, con quello che si è sposata sì. Si erano lasciati, speravo di avere la strada libera, che si accorgesse dei miei sentimenti, mi ero pure umiliato, glie l’avevo detto. Ma aveva quell’altro in testa, mentre costui si era invaghito di un’altra e la stava frequentando. Non glielo dissi, non lo ha saputo mai.»
«Ha fatto bene», sentenzia il vecchio, «se l’avesse saputo e vi foste frequentati, le sarebbe rimasto il tarlo di essere lo strumento della sua vendetta.»
«E con questo? Ora sarebbe con me!»
Il vecchio si fa un’irritante risata.
«Come si chiama questa ragazza?»
«Irene.»
«Bel nome, significa pace. Lei dice che non fa differenza. Invece no, la differenza la fa il suo sentimento, giovanotto. Lei Irene la ama o la desidera?»
«Non capisco.»
«Se la desidera, se la vuole possedere, allora qualsiasi modo è valido. Però Irene così diventa per lei un oggetto, un appagamento, un possesso. È questo il suo obiettivo? Viceversa, se il suo è amore, non può accettare di diventare lei uno strumento, un oggetto, l’oggetto della sua vendetta. O l’amore guida entrambi o non è amore, è altro.»
Ammutolisco, cerco di leggere il mio cuore, c’è solo dolore, non trovo la sconfitta. Irene non è stata per me una gara, Irene è la vita. La vita che mi è sfuggita e ora non trovo un senso.
«La vedo smarrito, questo mi fa dire che il suo è un sentimento puro d’amore. Però alla fine loro sono tornati insieme.»
«Sì, quel porco si è divertito e poi è tornato da lei con la proposta di matrimonio e dopo due anni, oggi…», mi si interrompe la voce, piango, ma mi controllo quasi subito.
L’angelo deve aver capito la mia sincerità, deve aver toccato le piaghe della mia sofferenza. Lo guardo supplichevole e gli chiedo: «Non è che può aiutarmi?»
Mi guarda con espressione amorevole, compassionevole: «Sono pensieri che si fanno, lo so. Si spera che un’entità superiore o qualche persona illuminata ci assecondi, convinti della giustezza dei nostri sentimenti. Ma non funziona così.»
«E come funziona?»
«Funziona che Irene è felice delle sue nozze e tu la lasci andare», è passato a darmi del tu, accetto la confidenza.
«Non puoi dire questo, che angelo sei se non mi aiuti?», sì, gli do del tu anch’io, voglio stabilire un rapporto alla pari.
«Non sono un angelo e se anche lo fossi non ti accontenterei.»
«Perché?»
«Perché Irene ha scelto così. La devi rispettare, il rispetto è una faccia dell’amore.»
«Ma io sto male!»
«Lo so, lo so che cosa stai provando!»
«Anche a lei da giovane è successo qualcosa di simile?»
L’uomo mi fissa, fa un sorriso amaro, nei suoi occhi vedo il mio dolore.
«Non da giovane, ma qualche mese fa.»
Mi sta prendendo in giro? Avrà sessant’anni, lui continua:
«Sei sorpreso? Lo imparerai con gli anni, non si è mai vecchi per vivere questo meraviglioso sentimento. L’amore arriva e non sei mai preparato. Ti fa il solletico, ti schiaffeggia, ti fa fare cose stupide, anche a sessant’anni, quanti ne ho io.»
«Questa donna è giovane?», mi incuriosisce saperne di più. Lui si fa la solita risatina, mi irrita.
«Lo imparerai col tempo. Ora ai tuoi occhi una mia coetanea la vedi come una vecchia, invece io vedo una donna. Vedrai come si alza l’asticella delle donne desiderabili a mano a mano che cresceranno gli anni, segue pari pari l’età. Le giovani sono belle, ma io vedo delle ragazzine, delle nipotine, non delle donne. Con l’età non si resta incantati solo dal fuori, si cerca dentro.»
«Ma, scusami, come spieghi allora quei vecchi che si mettono insieme a delle giovani?»
«Possesso dei vecchi, interesse delle giovani. Quei vecchi sono dei benestanti, fanno un contratto d’interesse: mi dai la tua giovinezza in cambio di cose. Può capitare anche la storia d’amore, ma è rara.»
Voglio sapere di più sulla sua storia, mi intriga, voglio che mi racconti il suo dolore.
«Non c’è molto da dire, sono sposato da trentacinque anni; un matrimonio tranquillo, senza scossoni, ci ha permesso di crescere i figli e lasciarli andare per la loro strada, ci siamo sorretti nelle difficoltà, abbiamo condiviso i bei momenti.»
«Quindi ti sei sposato con la persona giusta, hai trovato la metà della tua mela.»
Lui ride: «Ancora questa storia della mela! Toglitela dalla testa, non esiste! Ci sono solo maggiori o minori affinità. Con mia moglie l’affinità è buona. Ma è stata frutto di un lento lavoro, non è stata spontanea. Ci abbiamo lavorato. È quello che si chiama accettare i difetti dell’altro. È un lavoro fatto di momenti in cui in ognuno di questi puoi troncare o far proseguire la relazione. Se in quella persona trovi qualità superiori ai difetti, prosegui, altrimenti diventa un Calvario ed è meglio porre fine alla sofferenza.»
«Detta così è semplice!»
«Non lo è. Bisogna lavorare su sé stessi, cercare di superare i propri limiti, le proprie insofferenze e di esaltare le qualità dell’altro. È un lavoro dove ci si corregge reciprocamente. Se non si fa questo si tronca e partono gli insulti, le accuse, le vendette.»
«Come quella che avrebbe attuato Irene se le avessi svelato la meschinità del suo fidanzato?»
«Sarebbe stata una possibilità.»
«Non mi hai ancora raccontato di questa nuova donna…»
«Qualche mese fa mi sono iscritto a un corso di cucina…»
«… e l’hai conosciuta!»
«Sei precipitoso. Sì, l’ho conosciuta. Arrivò trafelata, il corso era già cominciato, come l’ho vista il respiro mi è mancato, il tempo si è fermato, mi attraeva come una calamita.»
«È una donna bellissima?»
«Non è questo il punto; è come se ogni atomo di cui sono formato sentisse che doveva legarsi e fondersi con i suoi, come se ogni ragionamento trovasse sviluppo e stimolo nei e dai ragionamenti suoi; in quella donna sbadata, che si stava scusando per il ritardo e, non so come, aveva rovesciato il contenuto della sua borsa seminando intorno a lei il contenuto, ci fossero tutte le risposte alla mia esistenza.»
«Ti sentivi attratto? La desideravi?»
«Non l’ho mai immaginata nuda. Non era la sessualità che mi attirava a lei, era la vita: riesci a capirlo?»
«No, io Irene l’ho immaginata spesso. Al mare cercavo di immaginare quello che il costume nascondeva, ma forse alla tua età è diverso…»
Eccolo là, ride di gusto.
«I desideri sessuali non sono morti e non si sono affievoliti, per il momento. E non mi serve la chimica come coadiuvante.»
«Quindi non era un’attrazione fisica…»
«Era un’attrazione totale. Se si fosse sviluppata ci sarebbe stato anche il sesso, ma non era questo che mi spingeva da lei. Prima c’era lei, tutta lei.»
«E tua moglie?»
«Bella domanda. Ero andato al corso per imparare a cucinare l’amatriciana e mi sono ritrovato in un caos di sentimenti. E non sapevo come uscirne.»
«Tutto questo solo vedendola!»
«Ne parlo e stento a crederlo anch’io, ma è così.»
«E poi che cosa è successo?»
«Stavo alla larga, sapevo che se mi avvicinavo non avrei più gestito la situazione. Ma la osservavo. Mi piacevano i suoi modi, le sue autocritiche. Quando sbagliava diceva “Sono una tonta!”, “Sono una pigna!”, “Dormo in piedi!”, e a me faceva tenerezza. Poi è accaduto che mi sono trovato al banco di lavoro dietro al suo. Lei aveva poggiato una terrina sul bordo, sicuramente l’avrebbe urtata e fatta cadere. Mi ripetevo di non parlarle, di farmi gli affari miei, che se avessi innescato la miccia non avrei fatto in tempo a fuggire. E mentre mi facevo queste raccomandazioni, mi sono trovato vicino a lei che avevo preso al volo la terrina che stava cadendo. Così abbiamo iniziato a parlare.»
«Vi siete frequentati?»
«Solo qualche caffè dopo il corso, una cosa veloce, aveva sempre fretta.»
«Ma…», doveva esserci dell’altro.
«Ci siamo raccontati in quei pochi momenti tutto. Una complicità stupefacente. Lei che stava aspettando il divorzio, lui che viveva con un’altra, ma continuava a tormentarla, la sentiva una sua proprietà. Una brutta situazione.»
«Caspita!»
«Già. E io mi sentivo impotente. Volevo salvarla, portarla via. Ho immaginato tante di quelle cazzate! Mi vedevo l’eroe che risolve il dramma, lei che mi ringrazia e si lega a me… stupidaggini che hai pensato pure tu con Irene, scommetto.»
Sì, è vero.
«E quando avete iniziato a frequentarvi? Come sei riuscito a nasconderlo a tua moglie?»
Ha un sorriso amaro, sta guardando lontano, in un punto indefinito.
«Non ci siamo frequentati.»
«Non ci credo!»
«Liberissimo di non crederci, ma è la verità. La cazzata di confessarle il mio amore l’ho fatta, ma lei ha reagito da grande signora qual è. E non poteva essere diversamente, non poteva avere altra reazione.»
«Ovvero?»
«Mi ha ricordato che ero sposato, che avevo una compagna che non meritava un tale dolore, che avevamo costruito qualcosa di importante, che non poteva essere buttato via un amore simile. Lei non era una rovina famiglie.»
«E tu che cosa hai deciso?»
«Le ho dato retta.»
Non posso credere alle sue parole, cerco un motivo più veritiero: «Probabilmente tu non le piacevi.»
«Anche senza il probabilmente!»
«Però non ti capisco: perché non hai insistito? Dovevi fare qualcosa.»
«L’ho fatto. Ho fatto quello che farai anche tu con Irene.»
«Cioè?»
«Se la ami veramente, ti giri e te ne vai. La lasci vivere la sua vita.»
«Ma… l’hai lasciata nel caos! Non ti senti in colpa?»
«Avrei solo aggiunto altro caos. Lei è intelligente, capace, un po’ distratta, ma saprà uscirne e ne uscirà bene.»
«E tu come lo sai?»
«Perché l’amo. Le mando ogni giorno un pensiero positivo, l’aiuto con lo Spirito.»
«Che stronzata! Te ne sei lavato le mani, questa è la verità!»
«Perché tu non credi alla forza dello Spirito, ma smuove le montagne.», sorride, «Fai altrettanto con Irene. Desidera per lei il meglio, desidera per lei la felicità. Questo ti fa fare l’amore, ti fa fare due passi indietro pur di vederla felice, pur di saperla padrona della sua vita. Se la ami, saperla felice renderà felice pure te.»
«Ma non poterla vedere, sentirla vicino, amarla…»
«Possederla, tu vuoi possederla. Allora fai bene a macerarti nell’invidia del marito. Ma l’unico che si tormenterà sei tu. Se la ami, lasciala andare!»
«In questo modo non soffri?»
«Mentirei a dirti che non soffro. Ma io non voglio sostare nel dolore, per questo le mando dei buoni pensieri. Voglio servire l’amore sempre, anche quando le cose non girano come spero. Fai altrettanto. Lasciala andare, amala!»
Si alza e mi mette una mano sulla spalla e me la stringe, mi saluta così.
«Il caffè te lo offro io. Buona fortuna!»
Va verso il banco del bar, paga ed esce dall’altra porta. Mi sento meglio. Forse era davvero un angelo.