motosega

Dialogo con una mosca

Finalmente è Autunno! Le giornate sono belle calde, ma non afose; si sta bene in maniche corte, si respira un’aria fresca, non ci si sente spossati dall’afa e dal calore dell’Estate.

Ne approfitto per riprendere uno dei tanti lavori che la canicola estiva e il sole desertico mi ha fatto sospendere. Ho solo l’imbarazzo della scelta, l’orto e il giardino hanno l’aspetto di un “Si salvi chi può”, un sacco di lavori abbandonati che ora reclamano una dedizione.

Lo faccio di buon grado, ho abbastanza legna da tagliare, mi ci metto di buona lena. Niente può essermi d’ostacolo. La convinzione dura poco. Insetti svolazzano e mordicchiamo, l’abbassamento delle temperature li rende famelici e le mosche… le mosche, ma perché mi hanno preso per una pista di atterraggio?

Ce n’è una che per quanto tenti di allontanarla con le mani, fa uno zig zag e si posa un po’ più in là rispetto a prima.

«Tanto non mi prendi!» mi canzona.

Riesco a capire la mosca? Forse ho qualche problema.

«Vattene!» dico «Sei fastidiosa!».

«Non è simpatico quello che dici, sai?» devo farmene una ragione, la mosca parla.

«Come mai parli?»

«Che c’è di strano, parli pure tu!» e si sposta lesta in un altro punto del mio corpo.

«Ma io sono un umano!»

«E io sono una mosca.» deduco che per lei ho detto una sciocchezza «Facciamo che provi a prendermi, è divertente!»

«No, sei fastidiosa! Non puoi tornare dov’eri prima di vedermi? Devo tagliare legna, io!»

«Che linguaggio complicato avete voi umani, fatico a capirvi.» si ferma sulla spalla e inizia con le zampette posteriori a lisciarsi le ali. È distratta, potrei provare a darle una manata e togliermela di torno «Usate parole incomprensibili: che significa prima?»

«Prima… vuol dire: quando io non c’ero che cosa facevi?»

«Facevi… che cosa significa?»

«Facevi, indica il passato: che cosa stavi facendo prima che io arrivassi» non solo parlo con una mosca, ma parlo con una mosca tonta.

«Non ti capisco. Sei qui, sono qui, volo e chiacchiero con te.»

«Sì, ma sarai partita da un punto, avrai intenzione di andare altrove!»

«Come parli difficile: sarai, avrai; che modo di parlare è?»

«È l’unico modo per raccontare il tempo che passa!»

«Che cos’è questo tempo?»

Oddio, ma mi sta prendendo in giro? Una mosca mi sta burlando?

«Il sole adesso lo vedi, ma quando non lo vedi e tutto è buio, indica che il tempo è passato.»

«Non ti capisco.» e si sposta repentina «Se c’è la luce mangio e volo, se non c’è e non vedo mi fermo e riposo.»

«Ma tu parli solo al presente?»

«Non capisco.»

«Parli… come posso dirlo… parli qui?» sono in difficoltà, capisco che senza considerare il tempo io non so esistere, non so parlare.

«Certo che parlo qui… oh, sei strano forte! Allora provo ad aiutarti: io e te siamo qui e parliamo, parliamo nel qui, chiaro?»

Improvvisamente capisco, la mosca non vive il tempo, un filosofo direbbe che siamo nel qui e ora. Per noi umani la parola ora è necessaria perché ci siamo vincolati al tempo. Ma se avesse ragione lei? Se in tempo non esistesse? Se fosse solo un’illusione degli umani? D’altra parte se consideriamo il tempo della nostra vita rapportata al tempo dell’esistenza dell’universo, per l’universo la nostra vita è un attimo; l’arco di una vita per noi è un qui e ora per l’universo. E se tutto è un qui, allora è vero siamo nel Tutto.

«Non parli? Va bene, io volo!» e lesta tra cambi repentini di direzione sparisce.

Grazie mosca, grazie della tua fastidiosa e saggia presenza. Presenza, significa essere presente. Essere Presente.

Foto di Sven Brandsma da Unsplash

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