Sono di ritorno dal Pronto Soccorso, al cuore non si comanda. Quando poi inizia a fare il sovversivo e a battere fuori dalle regole è un disastro. Un po’ ci sono abituato, ma è irritante.
Ormai so che questo significa sobbarcarsi almeno dieci ore di Pronto Soccorso ovvero pazienza e noia.
Ma in quelle ore ti capita di vedere diverse forme di dolore: un lavoratore caduto da una scala; una signora che si frattura un piede entrando al supermercato inciampando sul tappeto; un ragazzino con l’ulna e il radio rotte durante una partita di calcio in spiaggia; vecchi con parametri fuori norma in preda a spasimi o a mancanza di ossigeno; ragazze mogie che dopo due ore di analisi tornano con il sorriso perché non sono incinte; un viso rovinato in un incidente stradale. E un via vai di infermieri, non tipo E.R. dove tutto è finto, ma con le imperfezioni della realtà.
Ovviamente bisogna diventare pazienti, ti seguono, ti fanno un esame, sembra che ti abbandonino, quando in realtà attendono la risposta dello stesso, ritornano dopo un’ora per un altro prelievo o una radiografia, e poi ti tocca ancora aspettare. La sensazione che noto in molti è di sentirsi dimenticati, e cominciano a parlare male degli infermieri che non danno loro retta e dello schifo che fa la Sanità, che non sarebbe tale se gli infermieri e i medici tralasciassero tutti gli altri pazienti per dedicarsi a colei o colui che si sente dimenticato.
Oggi ho visto che non è la Sanità a fare schifo, sono i pazienti, mi riferisco a coloro che non sanno essere tali e disturbano la sofferenza altrui con i loro piagnistei e veemenze verso chi li cura.
Sono stato lì lì per rispondere male a una signora anziana, l’avevano portata nel corridoio dove c’ero anch’io (l’astanteria era piena), l’infermiera che spingeva la lettiga le disse che doveva aspettare l’arrivo di un’ambulanza, al momento erano tutte fuori, ci voleva tempo, e poi l’avrebbero portata a casa.
Era entrata con una frattura alla schiena, l’avevano medicata e ora doveva rassegnarsi a passare 30 giorni ferma distesa a letto.
Dopo un quarto d’ora aveva cominciato a chiedere quando sarebbe partita a ogni infermiera che le passava vicino. Quindi cominciò a sbuffare, a parlare male della Sanità, a lamentarsi che nessuno lavorava lì dentro.
L’infermiera che l’aveva in custodia si avvicinò per chiederle se aveva bisogno di qualcosa, dovette subirsi tutte le critiche per l’inefficienza e lo schifo della Sanità italiana, che lei voleva alzarsi (le rispiegò che in quella posizione doveva restarci per un bel po’) e che aveva sete (l’infermiera andò a prenderle da bere).
La donna voleva alzarsi per bere, assolutamente no, ma così non ci riesco, provi, non ce la faccio, si abitui deve rimanere così per un mese, portati via l’acqua che l’Italia è uno schifo.
Avrei voluto urlargli:
«Brutta vecchiaccia di che ti lamenti? Ti hanno curato, ti stanno seguendo, ti hanno portando da bere, che pretendi una magia? Il 90% delle persone muoiono di tumore, tu invece, vecchia cretina, morirai di sete perché da distesa non vuoi bere. Sarà una morte fuori statistica. Goditi questa botta di culo!»
Ma non l’ho fatto, il cuore era tornato a posto e non volevo scombussolarlo di nuovo.