La purezza. Siamo nel periodo natalizio, si respira un’atmosfera che dovrebbe portare alla serenità all’armonia, al calore familiare, anche senza le luci e i panettoni della pubblicità. Al Natale associamo l’idea della neve, sebbene a Natale qui non si sia mai vista, perché la neve è candida, ci evoca la purezza.
In questo contesto leggiamo le vicende evangeliche che ricordano la nascita di Gesù.
Ho chiuso la prima parte dicendovi che Gesù ribalta il concetto di Dio,
non è un Re ma un Padre, la purezza non è una condizione richiesta per
conoscerlo.
Nelle vicende evangeliche solo un personaggio era puro,
poi la Chiesa ha preferito calcare sul termine vergine, così da
incatenare le donne alla volontà maschilista.
I fatti sono descritti da Matteo e Luca, il luogo delle vicende è tutto meno che puro.
Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Gabriele significa la forza di Dio, quindi è un messaggero che viene
tra gli uomini per presentarne il disegno. Non va a Gerusalemme, terra
di ferventi religiosi e di dotti teologi, ma in Galilea, la terra dei
gentili, ovvero dei pagani, era gente disprezzata da Gerusalemme, per la
mancata ferrea osservanza della Legge. Nazaret poi era in collina,
nelle grotte si nascondevano gli Zeloti, dei guerriglieri -oggi diremmo
terroristi- che si opponevano all’occupazione di Roma.
Maria è
sposa, quindi ha sui tredici anni, vive ancora a casa dei suoi perché il
matrimonio constava di due momenti: lo sposalizio, rito in cui i due
giovani si conoscevano (i matrimoni erano combinati), poi, dopo un anno
avvenivano le nozze vere e proprie, a quel punto la ragazza andava a
vivere col marito.
Maria era il nome che si dava alle figlie non volute.
Che cosa aveva di speciale Maria? Ogni otto dicembre lo festeggiamo:
era immacolata, cioè pura. Per dirla in termini più vicini a voi che
praticate lo yoga, era, senza bisogno di ascesi o meditazioni, una
creatura priva di desideri, non aveva alcun attaccamento, godeva della
vita così come le si presentava, aveva l’animo gioioso incline
all’aiuto. Era quello che voi chiamate uno yogi.
Quindi la forza di
Dio si è espressa non a Gerusalemme, sua sposa, come dicevano le
Scritture, non tra i devoti osservanti, non tra gli studiosi della
Legge. Dio se ne va ai confini di Israele, nelle terre meticce, impure,
si muove tra i rifugi dei tagliagola, cerca non un maschio ma una
femmina, una ragazzina dal cuore puro che porta il nome delle rifiutate.
È lì che Dio-Padre cerca una coscienza pura disposta a rivelarlo. È
bello che il passo del vangelo scriva: “Al sesto mese”, al sesto mese di
che? A sei mesi dalla visita di Gabriele al sacerdote Zaccaria, dove
gli aveva annunciato la nascita del figlio Giovanni (il Battista). Ma
sei ha anche un valore simbolico. Dio ha impiegato sei giorni a
completare il mondo, quindi Gesù rappresenta il completamento del
disegno divino.
Il cuore puro di Maria (per gli ebrei il cuore non è
il luogo del sentimento, ma della coscienza), le permette di
disobbedire alla legge dei padri per accettare quella di Dio. Infatti
Gabriele le annuncia che sarà madre per opera dello Spirito Santo e al
figlio darà nome Gesù. Le consegna l’onere di dargli il nome, fatto
inaudito all’epoca. Il figlio era proprietà del padre, la moglie era
proprietà del marito. Il matrimonio era per le femmine la registrazione
di un cambio di proprietà: dal padre veniva passata al marito. Il nome
del figlio lo doveva decidere il marito, non la moglie, perché doveva
rappresentare la tradizione, il figlio avrebbe ereditato dal padre anche
la fede, la personalità.
Nel dialogo non c’è da parte di Maria una
richiesta di protezione, o di prestigio, o di benessere, non pensa al
suo tornaconto (emerge la purezza), e alla fine trasgredisce ancora alla
tradizione. La risposta che avrebbe dovuto dare a questa proposta di
Gabriele doveva essere: “Queste cose le decide mio padre”, invece
risponde con un disarmante: “Sì”. Dopo quel sì, per Maria inizia una
vita di silenzio, di meditazione, di lettura silenziosa degli
avvenimenti. Era legata alla tradizione dei padri, il figlio gliela
smonta pezzo a pezzo, tanto che crederà che sia diventato pazzo. Lei
conosceva le regole di Dio, ma le era sconosciuto l’amore del Padre. Lo
imparerà da suo figlio, diventando la sua discepola più fedele.
Che la purezza non sia una qualità a cui il Padre tiene, lo dimostra il racconto della nascita.
A chi è stata annunciata la nascita per primi ? Ai pastori. Toglietevi
dalla testa la bella scenetta dei presepio. I pastori erano persone
disprezzate a Israele, erano degli impuri, per loro non c’era salvezza.
Non erano pagati, erano facili ai furti, vivevano con gli animali.
Eppure Gabriele (la forza di dio), va da loro li invita a conoscere un
neonato speciale: il loro Salvatore. Gesù si annuncia ai disprezzati
della Terra. Subito dopo arrivano dei sapienti, i quali leggendo il
firmamento avevano capito che qualcosa di grandioso stava per compiersi:
erano tre stranieri. Ancora una volta i sacerdoti, i pii, i devoti non
sono stati chiamati e non avevano saputo leggere i tempi.
La vita di
Gesù è una stupenda parabola che si apre con l’invito ai pastori di
conoscerlo e si chiude con un condannato in croce che stava espiando la
condanna con lui (lo chiamano buon ladrone, ma non si andava in croce
per furto, di certo era un gran criminale), il quale per un attimo non
si cura della sua sofferenza ma osserva quella di un giusto, ne ha
pietà, sa chi è, e gli chiede: “Quando sarai nel tuo regno, e quando
puoi, ricordati di me!”. Gesù, seppur nella sofferenza, dimostra che
l’amore vince, e lo assicura che l’esperienza di vita piena, di vita
eterna, la può fare e la fa subito, seppure nell’atroce sofferenza,
perché alla fine di una vita sbandata ha conosciuto l’amore, ha
conosciuto Dio.