Sul piano spirituale, tutte le preghiere vengono esaudite.
Chi meno riceve, meno ha chiesto.
(Simone Weil)
La montagna è il luogo dello spirito. Dio l’ha incaricata di aver
cura della vita. Custodisce nei ghiacciai la base per ogni forma di
vita: l’acqua. La conserva tra le vette, in un luogo che sembra
inarrivabile, lontano dai malintenzionati. La protegge grazie a pareti
inaccessibili, per scoraggiare ogni desiderio di furto. Non è egoista la
montagna, concede dei rigagnoli che si fanno sempre più consistenti a
mano a mano che arrivano a valle per dissetare la terra, le piante, gli
animali, gli esseri umani. La montagna è silenzio. Non è amica e non è
nemica, semplicemente è. Non invita e non allontana, esige solo
rispetto. Non perché sia fiera, altera, ma perché nei fitti reticoli
atomici della roccia contiene tutte le risposte del mondo. Scalfendola
non troviamo alcuna risposta, perché non c’è scrittura, e non udiamo
parola, perché il suono è solo quello della piccozza. Eppure quella
piccola cosa che è l’uomo se vuole una risposta spesso la vuole cercare
lassù.
Scalare una montagna è un po’ rinascere: l’imbracatura, le corde, i
moschettoni, sono il cordone ombelicale che lega alla madre; il percorso
è quel lungo faticoso, minaccioso avanzare che abbiamo intrapreso
quando ci siamo sentiti pronti per venire al mondo.
Niente è misterioso e ardito quanto venire al mondo, è un percorso che
oscilla tra la vita e la morte, eppure si procede, si avanza perché
bisogna arrivare oltre il tunnel e aprirsi alla vita, per conoscere, per
amare, per godere.
La montagna lo sa che l’uomo cerca risposte, sa però che può desiderare
di salire per competizione, per interesse, per guadagno, non glielo
nega, ma non lo avvisa che affrontare il cammino con cuore corrotto
dall’ambizione può farlo precipitare in un burrone, perché sa che quel
cuore guastato conosce questo pericolo. Sa pure che lo stesso pericolo
esiste per il cuore puro. Non fa differenze. La differenza la fa chi si
accinge a salire.
Salire con calma, aggrappandosi alle sporgenze più sicure di pareti
impervie resta, a uno come me che non vi si arrampicherà mai, una
pazzia.
Chi scala si muove sul sottile sentiero della pazzia, da una parte ha il
conosciuto dall’altra l’ignoto, nel mezzo c’è il suo corpo, il suo
sentire. Proprio come la nascita: l’inizio della nostra esistenza è un
miscuglio di gioia e dolore, agisce lungo il confine tra la vita e la
morte, è un tempo talmente pericoloso che solo l’irragionevole desiderio
di una donna di diventare madre può decidere di affrontare.
A breve intraprenderai la tua impresa, ti auguro di trovare le tue
risposte, non si troveranno solo in vetta, ne troverai durante il
percorso, quindi non sarà un fallimento se non arriverai fin lassù, sarà
solo un incontro rimandato.
Buona rinascita.
Articolo per Andrea, figura di spicco della palestra Atenas, che mi ha chiesto uno scritto per quando tornerà dalla scalata che si sta preparando a fare. Glielo ho presentato sul prima, perché quando tornerà sarà lui, e non io, a dover raccontare.