Meriggiare

Saranno le due del pomeriggio, mi trovo seduto sotto il noce, disteso sulla vecchia sdraio a cui, non so perché, sono affezionato, la trovo comoda, rilassante.
Godo dell’ombra e dell’ossigeno del noce che mitigano la calura del giorno: si sta bene qui.
Il silenzio è interrotto dal volo di un calabrone, non lo so che cosa stia cercando, ma ronza tra le foglie e se ne va, ritorna, dimostrando poca memoria.
Sono immerso nel verde: la chioma del noce sopra di me, il fico davanti, l’ibisco da un lato e la siepe dal lato opposto mi dividono dalle proprietà dei confinanti.
La cagna è distesa sull’erba con la lingua a penzoloni fa respiri brevi e frequenti, si lascia tormentare dal sole.
Mi sto godendo il momento, mi piacerebbe che tendesse all’infinito, ma la vita è un intervallo troppo breve per dare validità a questo asintoto. Ho abbandonato Murakami per dedicarmi alla scrittura, non lo so per quale motivo, ma questo attimo me lo voglio segnare. Il piacere di questo breve intervallo di vita, questo limite in cui il tempo x tende a zero, lo sto sentendo intenso, pieno, appagante.
Se penso a tutte le volte in cui ho immaginato una vita diversa, lontana dai problemi, dai fastidi, dalle noie e mi son detto che erano pensieri senza senso che appartenevano alle mie misere fantasie, ora mi devo ricredere.
La sto vivendo senza l’ossessione dei soldi, senza artifici, mi bastano questo sole di fine luglio e le fronde di questo noce, accarezzato dalla brezza che, di tanto mi porta il rumore dei pneumatici ricordandomi che oltre alle pannocchie alle mie spalle c’è una strada, a quest’ora poco trafficata.
Ascolto il silenzio, perché il silenzio si fa ascoltare e ne godo. Certo, il frusciare lento lento delle foglie non lo rende totale, quasi a ricordarmi che la serenità, in cui mi trovo immerso, non è mai piena. Ma già così è un dono inatteso, meraviglioso.
La cagna si è fatta furba e si è spostata in una buca che aveva da tempo preparato vicino alla legnaia, all’ombra. Chissà se si sta godendo il momento come me.
Sento un piacevole solletico dentro la pancia. Se è vero, come ormai mi sto convincendo dagli esercizi di pilates e dalle indicazioni di un pranoterapeuta, che lì c’è il centro di ogni nostra energia (non risiede nella testa, nel cuore, nelle gambe, nel sesso, ma nella pancia), allora sto vivendo un momento di pienezza, un assaggio di eternità che forse non esiste, ma se esiste non può essere che questo respirare all’ombra di un noce sentendoci solleticare nella pancia. Un godimento sconosciuto e improvviso, inenarrabile se non ricorrendo a similitudini, dove la parola risulta incompleta, insufficiente. Anche la parola, per quanto ricercata, dettagliata, precisa, davanti all’eternità diventa inutile.

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