V - L'USO DEL VUOTO Il Cielo e la Terra non usano carità, tengono le diecimila creature per cani di paglia. Il santo non usa carità tiene i cento cognomi per cani di paglia. Lo spazio tra Cielo e Terra come somiglia a un mantice! Si vuota ma non si esaurisce, si muove ed ancora più ne esce. Parlar molto e scrutare razionalmente vale meno che mantenersi vuoto.
Per capire questa metafora bisogna sapere che cos’è un cane di paglia. Ai tempi di Lao Tsu si usavano nei riti funebri, quali offerte sacrificali, dei cani costruiti con la paglia. Venivano addobbati e poi alla fine del rito venivano sacrificati o calpestandoli o bruciandoli.
Quindi ci sta dicendo che la Natura (Cielo e Terra) non usa carità nei confronti dei viventi (le diecimila creature), lei ne dà forma, li sostiene, li addobba, offre tutto il necessario, ma alla fine li annienta: dallo stato di essere li riporta al non essere. Tale atteggiamento lo deve avere pure il saggio nei confronti dell’umano (i cento cognomi). Sembra un invito alla crudeltà, in realtà è un’affermazione che anche Platone aveva asserito:
“Anche quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto col cosmo e un orientamento a esso, anche se non sembra che tu ti accorga che ogni vita sorge per il Tutto e per la felice condizione dell’universa armonia. Non per te infatti questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la vita cosmica” (Leggi)1.
Siamo una parte della vita cosmica, Lao Tsu lo sa, la saggezza della Natura si esprime nella superiore armonia della costruzione e dissoluzione (pieno e vuoto, yin e yang), la quale supera la miseria umana (Platone ci chiama uomo meschino). Questo cozza con la presunzione umana derivata da una distorta visione della Natura con l’esaltazione della tecnica. Le nostre vite sono ormai scandite dagli algoritmi, nulla esiste, pare, al di fuori dell’algoritmo, a meno che non sia l’algoritmo a dirlo. La tecnica ci ha riempito la vita, siamo nel pieno a tal punto che non usiamo più la tecnica, ma ne siamo usati, perché occupa ogni scopo della nostra esistenza. Occupa spazio, tutto lo spazio. Ogni attività risponde ai numeri: se soddisfo i numeri, la produttività è salva. Se per far tornare i numeri devo licenziare, licenzio; non all’umano, ma alla tecnica diamo risposta. Vale anche e soprattutto per le relazioni, non esiste intimità. Le piattaforme informatiche definite sociali, sono lo strumento della socializzazione, si rende pubblico tutto: i propri sentimenti, le proprie relazioni, le proprie malattie. Pare quasi che non possa esistere un sentimento, una relazione, una malattia se non viene veicolata attraverso una rete informatica. Il mondo esiste solo grazie alla tecnica, grazie agli algoritmi. Questo aumenta il nostro ego, ci riempiamo di ego. Quante foto ci sono di noi nelle reti informatiche?
Eppure davanti a tutta questa pienezza, inutile e dannosa (è come la droga, pare dia benessere inizialmente, ma ti divora dentro), Lao Tsu ci ricorda:
Parlar molto e scrutare razionalmente
vale meno che mantenersi vuoto.
Questa vita piena che inseguiamo, questo continuo riempire di futilità e apparenza che mascheriamo per esistenza, in realtà ci inganna. Siamo cani di paglia, pensiamo di possedere la Natura, uomini meschini, ma non è così. A una vita piena, pesante di idiozie, val bene opporre la leggerezza del vuoto.
1 Estratto da U.Galimberti “Chi ha paura di quest’uomo?”