XI - L'UTILITÀ DEL NON-ESSERE Trenta raggi si uniscono in un solo mozzo e nel suo non-essere si ha l'utilità del carro, s'impasta l'argilla per fare un vaso e nel suo non-essere si ha l'utilità del vaso, s'aprono porte e finestre per fare una casa e nel suo non-essere si ha l'utilità della casa. Perciò l'essere costituisce l'oggetto e il non-essere costituisce l'utilità.
Ci spiega l’importanza del vuoto, del non essere. Le ruote dei carri erano formate da raggi di legno che convergevano a un mozzo centrale vuoto all’interno, per permettere di ruotare attorno all’assale. Se non fosse stato vuoto non ci sarebbe stata utilità per il carro, non si sarebbe mosso. Grazie a questo vuoto, a questa parte assente, a questo non essere il carro si muove. Lo stesso vale per i cinque visceri (intestino, stomaco, vescica, vescica biliare, triplice riscaldatore), funzionano se non rimangono pieni, se si provvede a svuotarli, altrimenti cadiamo in malattia. Anche l’argilla trova utilità nel suo non essere; opportunamente modellata diventa vaso e per essere utile il vaso deve essere vuoto al suo interno. In una casa ci sono porte e finestre per non rendere l’edificio un solido chiuso compatto, ma attraverso di loro possiamo entrare e occupare, vivere lo spazio vuoto.
Diventa basilare la ricerca del vuoto, perché dove sussiste il vuoto c’è vita. Per questo l’umano così come occupa e vive dentro una casa (la quale gli permette di viverci solo perché all’interno è vuota), deve imparare a farsi vuoto interiormente, togliere tutto quello che non serve all’essenza, alla vita: pensieri di vanagloria, ansie per un domani che non si sa intuire, rabbie per incresciose situazioni passate, desiderio di possesso. Tutto questo ingombra e non consente alla vita di esprimersi in pienezza, generando sofferenza. Il mio essere è quello che si vede: il corpo e le mie azioni, le mie riflessioni. Ma è nella meditazione, nella preghiera nel mio non essere, che scopro il senso della mia presenza.