Il Tao, come l’ho capito io – 12

XII - REPRIMERE LE BRAME
I cinque colori fan sì che s'acciechi l'occhio dell'uomo,
le cinque note fan sì che s'assordi l'orecchio dell'uomo,
i cinque sapori fan sì che falli la bocca dell'uomo,
la corsa e la caccia fan sì che s'imbesti il cuore
dell'uomo,
i beni che con difficoltà si ottengono
fan sì che sia dannosa la condotta dell'uomo.
Per questo il santo
è per il ventre e non per l'occhio.
Perciò respinge l'uno e preferisce l'altro.

I cinque colori sono i tre primari (blu, rosso e giallo), il bianco e il nero, quindi fa riferimento a tutti i colori, dato che gli altri nascono dalle combinazioni di questi cinque. Ciò che è colorato cattura l’attenzione, se l’occhio s’accieca significa che ci si è abbandonati alla lascivia, si diventa preda della seduzione.

I cinesi conoscevano cinque note, Lao Tsu ci dice che se ci abbandoniamo ai rumori esterni, il Qi viene meno, solo col silenzio ci si ritrova nel percorso interiore e si cresce.

Chi si abbandona ai sapori, chi si abbandona all’ingordigia, non saprà più distinguere il sapore del Tao, vivrà per soddisfare questa dannosa fame fallace.

La ricerca, la meditazione hanno bisogno di quiete, di tranquillità. Se viviamo di corsa, se viviamo di caccia (inteso come tutto quello che ci mette in un’ansiosa competizione), non troveremo mai la nostra umanità, ma ci imbestialiremo.

L’avido accumulo di ori, preziosi, gioielli, questo insaziabile arraffare tutto ciò che luccica porta l’umano all’ignominia, si diventa spregevoli.

Che il santo sia per il ventre e non per l’occhio, significa che il santo preferisce alimentare l’interiorità all’inseguire una vana esteriorità.

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