II - NUTRIRE LA PERSONA Sotto il cielo tutti sanno che il bello è bello, di qui il brutto, sanno che il bene è bene, di qui il male. È così che essere e non-essere si danno nascita fra loro, facile e difficile si danno compimento fra loro, lungo e corto si danno misura fra loro, alto e basso si fanno dislivello fra loro, tono e nota si danno armonia fra loro, prima e dopo si fanno seguito fra loro. Per questo il santo permane nel mestiere del non agire e attua l'insegnamento non detto. Le diecimila creature sorgono ed egli non le rifiuta le fa vivere ma non le considera come sue, opera ma nulla si aspetta. Compiuta l'opera egli non rimane e proprio perché non rimane non gli vien tolto.
In questo secondo insegnamento Lao Tsu ci spiega quale deve essere la nostra predisposizione nei riguardi del mondo. Intanto, proseguendo con il ragionamento fatto a negazioni, inizia a svelarci quello che possiamo cogliere in questo piccolo Tao, l’unico che possiamo riuscire a comprendere. Ogni cosa ha il suo contrario, il concetto di bello porta con sé il concetto di brutto, il concetto di bene porta con sé il concetto di male, in quanto brutto e male sono le loro negazioni. Quando si parla di essere implicitamente si cita il non essere, c’è un legame, yin e yang, non c’è una situazione in cui esiste solo lo yin o solo lo yang, non esiste che si equivalgano, uno dei due predomina, su questo si gioca l’azione umana che Lao Tsu preme di ricordarci si deve esprimere nel non agire.
Per questo il santo
permane nel mestiere del non agire
e attua l’insegnamento non detto.
Santo significa separato, colui che ha fatto una scelta, tra coltivare il bene e il male ha scelto il primo, ben sapendo che il male non lo può annullare. Hetty Hillesum, costretta l’ultimo periodo della sua esistenza a vivere dentro un confine di filo spinato e controllata da soldati nazisti con il mitra a tracolla e i cani al fianco, viveva nel brutto e vedeva agire tronfio e aggressivo il male. Ebbene il suo mestiere (bello questo passaggio, Lao Tsu lo chiama mestiere, ovvero quello che fai per vivere, la tua operosità, il modo con cui ti esprimi) è quello di non agire, nel senso che non ha pensieri di vendetta come gli altri internati, non ha abdicato alla sua umanità, salvando così l’umanità stessa e attua l’insegnamento non detto che leggiamo nei suoi diari, ovvero si entusiasma osservando il cielo azzurro, sorride vedendo un fiore sbocciare. Non segue l’insegnamento imperante di sopraffazione e annientamento, non coltiva vendette, lei dice altro, canta la bellezza della vita che sembra scomparsa, ne scova le tracce (un fiore che sboccia) e le annuncia; annuncia il bene quando tutto ciò che le gira attorno annuncia il male.
Le diecimila creature sorgono
ed egli non le rifiuta
le fa vivere ma non le considera come sue,
opera ma nulla si aspetta.
Non dobbiamo cadere nel tranello del possesso e nel rifiuto degli altri (le diecimila creature). Dobbiamo operare senza attenderci nulla in cambio, dobbiamo esprimerci nella gratuità, così da non vincolare gli altri (non le considera come sue). La nostra operatività deve rispondere al solo senso di sentirci vivi, questo ci deve bastare. Se operiamo attendendoci un riconoscimento e questo non arriva, vivremo una frustrazione. Se operiamo senza attenderci nulla e riceviamo un segno di riconoscenza, aumenta la nostra gioia.