XXII - L'UMILTÀ CHE ELEVA Se ti pieghi ti conservi, se ti curvi ti raddrizzi, se t'incavi ti riempi, se ti logori ti rinnovi, se miri al poco ottieni se miri al molto resti deluso. Per questo il santo preserva l'Uno e diviene modello al mondo. Non da sé vede perciò è illuminato, non da se s'approva perciò splende, non da sé si gloria perciò ha merito, non da sé s'esalta perciò a lungo dura. Proprio perché non contende nessuno al mondo può muovergli contesa. Quel che dicevano gli antichi: se ti pieghi ti conservi, erano forse parole vuote? In verità, integri tornavano.
Un invito alla flessibilità per non perdere il proprio centro. Un invito opposto al fascistoide adagio: “Mi spezzo, ma non mi piego”, un adagio questo figlio della competizione, al voler vincere e al sopraffare gli altri, un credo che non ha nulla da condividere con il Tao. Per non perdere il senso del percorso bisogna essere pronti a curvarsi e a piegarsi, che non significa sottomettersi, se non cerchiamo la competizione non ci sottomettiamo a nessuno, ci si preoccupa solo di non perdere il nostro centro, lo si fa per questo; chi pratica lo yoga lo sa, ci si flette, ci si curva, ma si rimane in equilibrio solo se troviamo il nostro centro, altrimenti si cade.
Se rimaniamo vuoti possiamo essere riempiti, se ci logoriamo, ovvero siamo in un perenne dare, ci rinnoviamo. Se miriamo alla politica dei piccoli passi, dei piccoli traguardi, otterremo i risultati; se miriamo al tutto, non otterremo niente.
Per tutto questo il santo cerca solo l’Uno, l’essenza della vita, diventando un modello per il mondo. Non si mette in luce, ma proprio per questo sarà illuminato; non si esibisce, ma proprio per questo emerge; non si vanta, ma gli viene reso merito; non pretende crediti, quindi durerà a lungo; non cercando la competizione, nessuno lo sfiderà.
Quindi il se ti pieghi ti conservi, non è mai stato un invito sbagliato, ma è il percorso da seguire per rimanere integri (questo significa rimanere nel proprio centro).
