Il Tao, come l’ho capito io – 41

XLI - EQUIPARA LE DIVERSITÀ
Quando il gran dotto apprende il Tao
lo pratica con tutte le sue forze,
quando il medio dotto apprende il Tao
or lo conserva ed or lo perde,
quando l'infimo dotto apprende il Tao
se ne fa grandi risate:
se non fosse deriso non sarebbe degno d'essere il Tao.
Perciò motti invalsi dicono:
illuminarsi nel Tao è come ottenebrarsi,
avanzare nel Tao è come regredire,
spianarsi nel Tao è come incavarsi,
la virtù somma è come valle,
il gran candore è come ignominia,
la virtù vasta è come insufficienza,
la virtù salda è come esser volgo,
la naturale genuinità è come sbiadimento,
il gran quadrato non ha angoli,
il gran vaso tardi si completa,
il gran suono è una sonorità insonora,
la grande immagine non ha forma.
Il Tao è nascosto e senza nome,
ma proprio perché è il Tao
ben impresta e completa.

Siamo giunti alla metà del percorso Tao, se ancora abbiamo delle resistenze nel comprendere le parole di Lao Tzu, allora qualche domanda ce la dobbiamo porre. Perché ci sembrano un’accozzaglia di parole sconclusionate? Perché questo continuo rimbalzare tra un’affermazione e il suo contrario? Perché manca di chiarezza?

Credo che alla base ci stia la nostra resistenza al cambiamento. Tutto quello che lo cataloghiamo come diverso, lo teniamo lontano, distante. Con fatica siamo disposti a tollerarlo, ma non vogliamo entrare in relazione con la diversità. Tutto quello che non risponde ai canoni occidentali, può esistere, ma lontano da noi.

Approcciarsi a un testo sacro, dove Dio non c’è, dove una promessa di un Aldilà manca, dove la nostra logica basata sul vero o falso vacilla davanti a un testo che afferma che niente è completamente vero e niente è completamente falso, ci costringe a svuotarci e ripartire da zero. Questo è un costo che non siamo disposti a pagare. C’è una condizione di indeterminazione che non vogliamo accettare (credo che l’accetteremo più avanti, grazie alla fisica quantistica, le nostre sicurezze mostreranno delle vistose crepe e dovremo aprirci a un nuovo modo di ragionare, a una nuova filosofia), non appartiene al nostro modo di vedere le cose del mondo e della vita. Questo è il motivo per cui non ci capiamo niente (e non ci interessa capirlo). Se un testo sacro non rispecchia la mia morale, il mio modo di vedere le cose, allora diventa un testo incomprensibile, questo vale anche per il Vangelo.

Lao Tzu ci dice che chi apprende il Tao e lo fa suo, lo pratica. Chi accetta di conoscerlo, ne confuta la validità, però continua a farsi ammagliare da brame e desideri, non raggiungerà la vera essenza. C’è poi chi lo considera un mucchio di sciocchezze e ne ride, perché preferisce rincorrere disparatamente i suoi desideri, la sua logica si sopraffazione, di essere un vincente, così come prevede l’etica del mondo occidentale.

[…] illuminarsi nel Tao è come ottenebrarsi, se ci illuminiamo del Tao non vediamo nient’altro, perché nient’altro ci interessa, nient’altro si desidera;

avanzare nel Tao è come regredire, mi riporta alla frase di Galeano quando parla dell’utopia. Quando avanzi verso di lei, lei si fa più distante, allora a che serve andarle incontro? A progredire nel cammino; più si avanza nel Tao e più cresce la distanza della meta;

spianarsi nel Tao è come incavarsi, chi procede nel Tao, non si vanta, ma resta una persona semplice, perché è alla semplicità che tende;

la virtù somma è come valle, non si vanta della sua virtù, ma la esprime costruendo il vuoto in sé;

il gran candore è come ignominia, chi sa di essere candido non lo esibisce, non si riesce a distinguerlo dalla sporcizia;

la virtù vasta è come insufficienza, la vasta virtù non verrà mai riempita, chi è nel Tao o sa, è un viaggio senza arrivo;

la virtù salda è come esser volgo, chi ha una virtù salda resta mite, non lo si distingue da una qualsiasi persona del popolo;

la naturale genuinità è come sbiadimento, chi è genuino, semplice, non se ne vanta, non è mai rutilante;

il gran quadrato non ha angoli, è una persona retta, quadrata, ma non ha angoli dove qualcuno si può ferire;

il gran vaso tardi si completa, il percorso non ha termine, si arricchisce in continuazione;

il gran suono è una sonorità insonora, sappiamo che è detto anche l’Insonoro, quindi non può avere un suono o dei suoni distinti, perché farebbe delle distinzioni;

la grande immagine non ha forma, Se la grande immagine avesse forma la si vedrebbe, ma se la si vedesse allora non sarebbe il Grande Tao che tutto contiene.

E si ritorna lì: il Tao non ha nome, è nascosto, comunque ci dà la forza vitale, il Qi.

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