LII - VOLGERSI ALL'ORIGINE Il mondo ebbe un principio che fu la madre del mondo. Chi è pervenuto alla madre da essa conosce il figlio, chi conosce il figlio e torna a conservar la madre fino alla morte non corre pericolo. Chi ostruisce il suo varco e chiude la sua porta per tutta la vita non ha travaglio, chi spalanca il suo varco ed accresce le sue imprese per tutta la vita non ha scampo. Illuminazione è vedere il piccolo, forza è attenersi alla mollezza. Chi fa uso della vista e torna ad introvertere lo sguardo non abbandona la persona alla rovina. Questo dicesi praticar l'eterno.
Quando parliamo di eternità ci troviamo in un bel groviglio di parole. Se consideriamo il pensiero cattolico, domina la credenza che la vita è sofferenza, dobbiamo accettare questa sofferenza per un premio finale che avremo in un Aldilà: l’eternità gioiosa. Siamo abituati ad associare l’idea di eternità al ‘per sempre’. Ma eternità significa assenza di tempo, il tempo perde di significato, quindi quando parliamo di eternità, riferendoci a essa con un avverbio di tempo, sbagliamo. Non possiamo raccontare l’eternità dicendo per sempre, perché quel sempre è legato al tempo, dimensione sconosciuta nell’eternità. Nell’eternità si è, non c’è un prima e non c’è un dopo. Quindi se nell’eternità si è, questo corrisponde al ‘qui e ora’. L’attenzione va posta non al tempo ovvero al quanto si vive, ma al come si vive. Si gode l’eternità quando si dà il senso corretto alla vita.
Ci dice Lao Tzu che all’inizio fu il Tao, il Tao è la madre di tutte le creature. Conoscendo questa madre creatrice, si conosce il figlio, l’Uno, la Natura, attraverso essa, comprendendola, possiamo avvicinarci alla comprensione della madre. Se si apprende il Tao, non corriamo pericoli, ovvero entreremo nel concetto di eternità che era caro anche a Gesù, avere una vita eterna significa avere raggiunto una consapevolezza che la rende indistruttibile, vivendo il vuoto e non agendo si vivrà una vita piena (è un concetto difficile da comprendere se siamo attaccati alle cose).
Chi ostruisce il suo varco
e chiude la sua porta
Il varco è l’occhio, la porta la bocca, quindi è un invito a non vivere per i sensi. I sensi non sono il senso della vita. Se si guarda in modo insensato o si parla in modo insensato, cioè provo di senso, il senso lo troviamo nella madre, nel Tao, se facciamo questo vivremo senza patemi o affanni.
chi spalanca il suo varco
ed accresce le sue imprese
Chi invece spalanca gli occhi ai suoi desideri o parla con sete di dominio, accresce le sue bramosie e si perderà nelle sue imprese, è destinato a una vita inappagante.
Non dobbiamo rincorrere le grandi imprese, ma osservare le piccole cose, il Tutto risiede nel frammento. Impariamo dall’acqua, la sua forza risiede nella sua mollezza, sembra inconsistente.
Chi guarda fuori di sé, valuta ciò che gli può essere di vantaggio o di svantaggio per raggiungere qualcosa che è oltre, cioè i suoi desideri, la sua esistenza è schiava del tempo. Se lo sguardo lo rivolge dentro di sé alla scoperta di sé stesso e del Tu che lo vive (non siamo soli, per restare con Lao Tzu, il Qi è in noi), riesce a rapportarsi con la sua forza vitale, niente lo infastidisce, tutto si rivela e vive in eterno nel Tao.