Serata yoga 19/12/2019 – parte seconda

La purezza. Siamo nel periodo natalizio, si respira un’atmosfera che dovrebbe portare alla serenità all’armonia, al calore familiare, anche senza le luci e i panettoni della pubblicità. Al Natale associamo l’idea della neve, sebbene a Natale qui non si sia mai vista, perché la neve è candida, ci evoca la purezza.

In questo contesto leggiamo le vicende evangeliche che ricordano la nascita di Gesù.
Ho chiuso la prima parte dicendovi che Gesù ribalta il concetto di Dio, non è un Re ma un Padre, la purezza non è una condizione richiesta per conoscerlo.
Nelle vicende evangeliche solo un personaggio era puro, poi la Chiesa ha preferito calcare sul termine vergine, così da incatenare le donne alla volontà maschilista.
I fatti sono descritti da Matteo e Luca, il luogo delle vicende è tutto meno che puro.

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.

Gabriele significa la forza di Dio, quindi è un messaggero che viene tra gli uomini per presentarne il disegno. Non va a Gerusalemme, terra di ferventi religiosi e di dotti teologi, ma in Galilea, la terra dei gentili, ovvero dei pagani, era gente disprezzata da Gerusalemme, per la mancata ferrea osservanza della Legge. Nazaret poi era in collina, nelle grotte si nascondevano gli Zeloti, dei guerriglieri -oggi diremmo terroristi- che si opponevano all’occupazione di Roma.
Maria è sposa, quindi ha sui tredici anni, vive ancora a casa dei suoi perché il matrimonio constava di due momenti: lo sposalizio, rito in cui i due giovani si conoscevano (i matrimoni erano combinati), poi, dopo un anno avvenivano le nozze vere e proprie, a quel punto la ragazza andava a vivere col marito.
Maria era il nome che si dava alle figlie non volute.
Che cosa aveva di speciale Maria? Ogni otto dicembre lo festeggiamo: era immacolata, cioè pura. Per dirla in termini più vicini a voi che praticate lo yoga, era, senza bisogno di ascesi o meditazioni, una creatura priva di desideri, non aveva alcun attaccamento, godeva della vita così come le si presentava, aveva l’animo gioioso incline all’aiuto. Era quello che voi chiamate uno yogi.
Quindi la forza di Dio si è espressa non a Gerusalemme, sua sposa, come dicevano le Scritture, non tra i devoti osservanti, non tra gli studiosi della Legge. Dio se ne va ai confini di Israele, nelle terre meticce, impure, si muove tra i rifugi dei tagliagola, cerca non un maschio ma una femmina, una ragazzina dal cuore puro che porta il nome delle rifiutate. È lì che Dio-Padre cerca una coscienza pura disposta a rivelarlo. È bello che il passo del vangelo scriva: “Al sesto mese”, al sesto mese di che? A sei mesi dalla visita di Gabriele al sacerdote Zaccaria, dove gli aveva annunciato la nascita del figlio Giovanni (il Battista). Ma sei ha anche un valore simbolico. Dio ha impiegato sei giorni a completare il mondo, quindi Gesù rappresenta il completamento del disegno divino.
Il cuore puro di Maria (per gli ebrei il cuore non è il luogo del sentimento, ma della coscienza), le permette di disobbedire alla legge dei padri per accettare quella di Dio. Infatti Gabriele le annuncia che sarà madre per opera dello Spirito Santo e al figlio darà nome Gesù. Le consegna l’onere di dargli il nome, fatto inaudito all’epoca. Il figlio era proprietà del padre, la moglie era proprietà del marito. Il matrimonio era per le femmine la registrazione di un cambio di proprietà: dal padre veniva passata al marito. Il nome del figlio lo doveva decidere il marito, non la moglie, perché doveva rappresentare la tradizione, il figlio avrebbe ereditato dal padre anche la fede, la personalità.
Nel dialogo non c’è da parte di Maria una richiesta di protezione, o di prestigio, o di benessere, non pensa al suo tornaconto (emerge la purezza), e alla fine trasgredisce ancora alla tradizione. La risposta che avrebbe dovuto dare a questa proposta di Gabriele doveva essere: “Queste cose le decide mio padre”, invece risponde con un disarmante: “Sì”. Dopo quel sì, per Maria inizia una vita di silenzio, di meditazione, di lettura silenziosa degli avvenimenti. Era legata alla tradizione dei padri, il figlio gliela smonta pezzo a pezzo, tanto che crederà che sia diventato pazzo. Lei conosceva le regole di Dio, ma le era sconosciuto l’amore del Padre. Lo imparerà da suo figlio, diventando la sua discepola più fedele.
Che la purezza non sia una qualità a cui il Padre tiene, lo dimostra il racconto della nascita.
A chi è stata annunciata la nascita per primi ? Ai pastori. Toglietevi dalla testa la bella scenetta dei presepio. I pastori erano persone disprezzate a Israele, erano degli impuri, per loro non c’era salvezza. Non erano pagati, erano facili ai furti, vivevano con gli animali. Eppure Gabriele (la forza di dio), va da loro li invita a conoscere un neonato speciale: il loro Salvatore. Gesù si annuncia ai disprezzati della Terra. Subito dopo arrivano dei sapienti, i quali leggendo il firmamento avevano capito che qualcosa di grandioso stava per compiersi: erano tre stranieri. Ancora una volta i sacerdoti, i pii, i devoti non sono stati chiamati e non avevano saputo leggere i tempi.
La vita di Gesù è una stupenda parabola che si apre con l’invito ai pastori di conoscerlo e si chiude con un condannato in croce che stava espiando la condanna con lui (lo chiamano buon ladrone, ma non si andava in croce per furto, di certo era un gran criminale), il quale per un attimo non si cura della sua sofferenza ma osserva quella di un giusto, ne ha pietà, sa chi è, e gli chiede: “Quando sarai nel tuo regno, e quando puoi, ricordati di me!”. Gesù, seppur nella sofferenza, dimostra che l’amore vince, e lo assicura che l’esperienza di vita piena, di vita eterna, la può fare e la fa subito, seppure nell’atroce sofferenza, perché alla fine di una vita sbandata ha conosciuto l’amore, ha conosciuto Dio.

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