Oggi una mia compagna di classe delle elementari compie gli anni. Può sembrar strano che me ne ricordi, ma più di quarant’anni fa la maestra ci aveva fatto porre una X sotto il mese che lei aveva scritto alla lavagna per dividere la classe in funzione del mese di nascita, a che cosa servisse l’ho scordato, ma non ho scordato coloro che allora avevano posto la X sotto il mio mese, eravamo tanti, ci aveva superato di uno solo chi era nato in ottobre; me li ricordo ancora nell’ordine: il 15 Mery, il 17 io, il 20 Giovanni, il 22 Michele e il 26 Mauro. Perché la mente ci riservi questi sciocchi ricordi lo ignoro, ma li serbo con gaudente nostalgia. Gaudente nostalgia, come parlo forbito certe volte. Così tra poco anch’io passerò un nuovo traguardo, non che me ne importi molto, mi dico di averlo raggiunto già da inizio dell’anno, quello che mi lascia perplesso è il tempo che passa e il tempo di rimando che ti costringe a ripercorrere con consapevolezza diversa il tempo che hai vissuto.
Che cos’è il tempo di rimando? È il tempo che sei costretto a rivivere con un ruolo diverso e consapevolezza diversa, costretto dagli eventi. Nel mio caso gli eventi portano il nome di mio figlio. Ha delle difficoltà a scuola, o meglio, ha delle difficoltà a vivere il suo tempo. Priorità sbagliate, insegnanti non all’altezza del compito che sembrano rincorrere uno stipendio e affermare la loro superiorità confermata da una laurea. Poi che sappiano che cosa significhi insegnare è ininfluente, l’insufficienza di mio figlio è responsabilità dei genitori, degli insegnanti che li hanno preceduti, un’accozzaglia di incapaci, secondo la loro opinione. Così ricade tutto su di me, genitore irresponsabile e privo del redditto che mi consentirebbe di mandarlo a ripetizione presso insegnanti ammanicati con quelli di mio figlio per insegnare con le dovute maniere e la dovuta passione quello che coloro che sono stati insigniti del compito non hanno assolto. Così mi son trovato a fare da insegnante di ripetizione: italiano, storia, chimica, fisica, matematica, diritto ecc… quello che non adempiono in modo particolare gli insegnanti me lo devo assumere io in modo globale. E lo faccio con le mie pecche, con il poco tempo che ho a disposizione, incazzandomi per il tempo che non posso dedicare alle mie cose, consapevole che per mio figlio sono un rompicazzi. Il rompicazzi non capisce le priorità, mio figlio deve giocare on line, altri coetanei nascosti da soprannomi (pardon, nickname) lo aspettano, io cerco di portarlo verso la curiosità del sapere che lui definisce scassamento, rottura. Devo contrattare ogni minuto che devo dedicare allo studio. Ora ho capito perché il buon Dio mi ha spinto a suo tempo a fare il sindacalista, per allenarmi a vincere la trattativa con mio figlio, ogni volta è un discutere sul perché studiare un argomento, perché dedicarsi a una mansione, perché andare oltre a un particolare che a scuola non è stato affrontato. E io mi sento stanco, sempre più stanco, gli anni raddoppiano, triplicano, mi chiedo come faccio a essere ancora vivo. Desidero solo la morte, vado a letto presto, per illudermi di abbandonarmi a essa; poi mi risveglio, il sole comincia a fare capolino, capisco che è un nuovo giorno, osservo la mia signora ancora addormentata, considero che vale la pena ancora di ricominciare, anche se non me lo dicono, so che mi amano e questo è il nettare di cui ho bisogno per ripartire. E ricomincio, malgrado gli anni, malgrado le delusioni, malgrado tutto.